CONIFERE DEL VERONESE
Tratto dalla serata in Videoconferenza del 09/07/2020
di Fabio Gorian
Forestale ed ex funzionario del disciolto Corpo Forestale dello Stato (CFS)
Questa relazione corredata di foto vuole servire come guida per il riconoscimento delle conifere del nostro territorio. Buona lettura!!!!
Fabio ci ha fatto una carrellata sulle specie spontanee legnose che esistono nel territorio del Baldo e della Lessinia. Ma prima ci ha raccontato del Ginkgo Biloba, che essendo originario della Cina non fa certo parte delle specie spontanee del veronese.
Ce ne ha voluto comunque parlare perché è un albero molto utilizzato nei giardini privati e nei parchi pubblici e quindi pianta assai nota a tutti.
Questa specie appartenente alle Gimnosperme presenta i sessi separati perciò esistono piante maschio e piante femmina. Quando la pianta è giovane, prima che inizi la sua attività riproduttiva, non è possibile riconoscere gli esemplari maschili da quelli femminili, per cui può capitare che venga comprato dal vivaista un esemplare femmina, con la sorpresa di trovarsi in giardino, dopo parecchi anni, una pianta che farà in Autunno frutti puzzolenti.
A differenza delle Angiosperme (ad esempio il ciliegio) i semi delle Gimnosperme (le conifere) non si formano all’interno di un ovaio che, se fecondato, diventerà il frutto della pianta, ma sono nudi e disposti sulle squame di un cono (o pigna o strobilo).
COME RICONOSCERE LE CONIFERE SOPRATTUTTO QUELLE PRESENTI NEL TERRITORIO VERONESE?
La chiave per riconoscerle è vedere come sono attaccati gli aghi al ramo:
Alcuni esempi:
- ABETE ha gli aghi inseriti singolarmente
- PINO ha gli aghi a fascetti
- LARICE a ciuffetti
- CIPRESSO a tegola di tetto (embricate)
Poi ovviamente sia tra gli ABETI che tra i PINI esistono diverse specie.
Foto: Abete bianco
Di abeti, ad esempio, nei nostri ambienti ce ne sono due ed il metodo sicuro per distinguerli tra loro è guardare i coni: l’Abete bianco li ha eretti, mentre’ lAbete rosso li ha pendenti. Questi coni vengono dispersi interi in inverno nel caso dell’Abete Rosso, mentre quelli dell’Abete bianco già a fine settembre-ottobre cominciano a sfaldarsi: per cui a terra potremo trovare coni interi del rosso ma mai del bianco, solo le squame.
Queste indicazioni non possiamo averle tutto l’anno ma solamente durante il periodo della fruttificazione, che si manifesta in maniera evidente fra estate e autunno. Negli altri periodi dobbiamo fissarci su altri parametri.
La punta di un albero di Abete bianco maturo (alto oltre i 20 metri) ha la cosiddetta forma “a nido di cicogna”, mentre quella dell’Abete rosso è sempre appuntita; oppure la sezione trasversale dell’ago, che nel Bianco è piatta mentre nel Rosso è romboidale.
La micro-architettura degli aghi si riflette sulla forma dell’esemplare adulto: la chioma del bianco sembra composta da rami appiattiti che danno origine a strati multiplani; l’abete rosso invece presenta rami pendenti. Anche la corteccia è diversa: più rossiccia per l’Abete rosso, più chiara per il Bianco.
Foto: Abete Rosso
Per quel che riguarda la loro distribuzione l’Abete bianco lo troviamo in tutta Italia, in ambiente montano mentre l’Abete rosso lo troviamo solo nell’arco alpino e qualche relitto glaciale sugli Appennini Emiliani.
I pini hanno aghi a fascetti: Pino Mugo, Pino Silvestre e Pino Nero hanno fascetti riuniti a 2 per volta, mentre solo il Pino Cembro ha fascetti di 5 aghi.
Il cono dei Pini viene fecondato in primavera e matura un anno dopo, al contrario di quanto avviene negli abeti visti prima e nel larice, che descriveremo successivamente, dove la maturazione dei frutti avviene nello stesso anno della fecondazione.
Il Pino Mugo, che cresce a una certa altitudine, di solito non supera qualche metro di altezza e ha il legno elastico per sostenere la neve. Le pigne vengono usate per fare la grappa. Esso si trova lungo tutto l’arco alpino e in Abruzzo.
Il Pino Silvestre: la corteccia nella parte terminale del tronco è arancione, gli aghi a fascetti ed il cono sono piccoli, mentre il Pino Nero non ha la corteccia arancione, ha sia i coni che gli aghi molto più che più lunghi del Silvestre.
Il Pino Cembro è distribuito in alcune aree del Piemonte, Lombardia, Trentino e Veneto, in ambiente alpino. La Nocciolaia (uccello della famiglia dei Corvidi) si nutre dei semi di questo pino. Proprio grazie a questo predatore il Cembro si diffonde, non avendo il seme alato. Infatti la Nocciolaia fa scorte di seme di Cembro a settembre e le seppellisce in vari luoghi a gruppetti. Poi arriva la neve e l’uccello col disgelo non sempre ritrova i cumuli di semi, che grazie a questo stratagemma riescono non solo a sopravvivere e a germinare, ma a dare continuità alla specie.
Foto: Pino Mugo
Il Cipresso: Ovidio ne “Le Metamorfosi” dà una spiegazione del mito per cui i cipressi sono associati ai cimiteri. È un albero sempreverde con foglie ridotte a squame, strettamente addossate le une alle altre (embricate). Il colore delle foglie è molto scuro nel cipresso diffuso in Italia (Cupressus sempervirens), ma in altre specie è molto più chiaro e persino verdazzurro in alcune specie originarie degli USA (Cupressus arizonica).
Il Larice a differenza delle altre conifere ha gli aghi a ciuffi ed è l’unica conifera in Italia le cui foglie non sono persistenti, colora di giallo in autunno la Lessinia in quanto comincia a perdere gli aghi. Il fiore femminile diventa un cono lungo 6 cm. E’ la pianta che, assieme al Cembro, resiste e vive alle quote più alte delle montagne. In Italia è spontaneo solo sulle Alpi.
Foto: Larice
Il Ginepro lo troviamo in tutta Italia, è infestante nel senso che invade i pascoli abbandonati sotto forma di cespuglio-arbusto, in alcuni casi prende l’aspetto arboreo. C’è il maschio senza bacche e la femmina con le bacche.
L’Albero della Morte (il Tasso) lo troviamo in Val d’Adige e sopra Belluno Veronese, nella Val dei Nas, che in dialetto locale vuol dire proprio tasso.
A questo punto Fabio, a conclusione della serata, fa una carrellata delle conifere note in Italia ma non originarie dei nostri ambienti.
Il Cedro ha 30-35 aghi come il larice ma non li perde in Autunno.
Il Pino Domestico è a forma di ombrello ed è quello che ci dona i pinoli utilizzati in cucina.
Il Pino Marittimo ha rami secondari orizzontali e non è fatto a ombrello.
Il Pino D’Aleppo è di un verde olivastro ed è originario del sud Italia, ma c’è anche al nord dove si è naturalizzato; ha la chioma spesso più ampia in cima che verso la base dell’albero.
Queste 3 specie di pini generalmente sono pini conosciuti come “pini marittimi”.
Foto: Cedro
Il Pino Loricato si trova nel Parco Nazionale del Pollino (in Basilicata e Calabria) ha un suo corrispondente nei Balcani. Ha una corteccia a scaglie molto chiara. E’ presente con esemplari splendidi (nome deriva da Lorica = corazza di guerrieri).
TUTTO QUA !!!!!!
In fini dei conti non sono poi molte le conifere da ricordare e con le nozioni fornite da Fabio si rivelerà semplice riconoscerle.
Dal punto di vista didattico le conifere sono per chi deve spiegarle quanto di più facile esista nel mondo vegetale: basta sapere qual è il punto di partenza, ovvero come e in quale combinazione gli aghi si attaccano al ramo. E poi, al contrario delle latifoglie, le conifere sono sempre uguali tutto l’anno, a parte il larice.
Autore: Gabriella Cecchini
Data: 13 Novembre 2020